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Oltre la crisi, quali scenari futuri per le PMI?

Nel corso di #RipartItalia – 100 idee per la ripresa, no-stop organizzata dal canale televisivo ClassCnbc, il segretario generale dell’OCSE, Gurría’ ha parlato a manager e rappresentanti delle istituzioni di una efficace “ricetta” per la ripartenza. Tra gli ingredienti, la digitalizzazione a snellire la supply chain e il largo accesso alla liquidità.

Nel pieno della crisi scatenata da Covid-19, gli equilibri dell’industria mondiale hanno accusato il durissimo colpo della chiusura delle frontiere. Componenti essenziali per la produzione sono tutto d’un tratto divenuti irreperibili, mentre il concetto di “spazio fisico” cambiava giorno dopo giorno, seguendo una tendenza incontrovertibile.

Si sono pagati pesantemente gli effetti dell’emergenza sanitaria, e non meno le varie misure di contenimento adottate dai vari governi. Nella percezione comune, la parola “misura” è divenuta sinonimo di “chiusura”, con pesantissimi strascichi sull’economia, perché le limitazioni sono significate fermo-fabbriche ma anche fermo-entrate per molte famiglie.

L’abituale, ed estrema, facilità con cui merci e persone potevano trasferirsi da una nazione all’altra è all’improvviso diventata un ricordo. Nel mondo della produzione, a prescindere dal livello in cui si è collocati, non si può vivere di rimpianti e ogni difficoltà genera apprendimento, a prescindere che ci si trovi nelle condizioni ideali per coglierlo. La lezione qui è stata cristallina, e cioè: servono soluzioni diverse.

Non arrivarci per necessità

Sullo scenario angosciante del contagio inarrestabile di una patologia di cui si poteva misurare soltanto la mortalità (con percentuali sconfortanti), si è fatto meno male – o meglio, ha potuto contare su un certo vantaggio competitivo, che già aveva già adottato strategie più ‘illuminate’ se non nella produzione perlomeno quanto ad approvvigionamento e logistica. Segmenti rivelatisi, forse a sorpresa, nevralgici in tempi di pandemia.

La Commissione Ue ha stimato per l’anno in corso un crollo del Pil nazionale pari al -9,5%, e un’analoga media all’interno dell’Unione europea attorno al -8%. Sempre stando alle previsioni Ue, il debito pubblico in Italia arriverà al 158% del Pil (partendo da un livello di circa il 140% nel periodo pre-crisi) entro la fine del 2020.

Non va bene ed è probabile che il trend si mantenga. L’arresto forzato delle attività – ad oggi ancora chiuse per almeno il 20% del totale – ha stressato interi settori, ai quali si è manifestata con evidenza l’improrogabilità di una una trasformazione ad evitare diverse problematiche operative, quali:

  • carenza di materie prime
  • interruzione delle attività produttive
  • interruzione della catena logistica
  • aumento dei costi operativi
  • squilibri inventariali
  • perdita di fatturato
  • danno reputazionale

Da dove cominciare? Gettando lo sguardo all’indietro. In situazioni di crisi, come quella che stiamo attraversando, è sopravvissuto chi nel cambiamento si è piegato senza spezzarsi, perché al cambiamento ha opposto adattabilità e flessibilità. Perché a queste ha saputo unire, e si arriva al numero perfetto, innovazione.

Digitalizzazione, valore aggiunto del manifatturiero del futuro

Numeri: l’approccio ‘proattivo’ – adottato su scala internazionale da un 18% di imprese –, agisce nel medio termine, riconoscendo e depotenziando i rischi, prima che si concretizzino. L’approccio ‘reattivo’, perseguito dal 76% delle medie e grandi imprese, è efficace nel breve termine, e può prendere in carico solo i rischi già in atto e pronti a generare danno. .Tra tutti i soggetti coinvolti – siano player digitali, aziende di logistica e trasporti, aziende elettriche – la discriminante sarà la disponibilità a investire al fine di offrire i servizi connessi migliori e più affidabili, più adeguati alle diverse esigenze e in maniera più semplice e trasparente. Imparare a dominare sfide e rischi critici, in questo scenario evolutivo, significa anche avere a disposizione indirizzi e risposte per le questioni sui molti fronti che l’emergenza ha aperto:

  • la gestione della forza lavoro
  • flessibilità della supply chain
  • andamento discontinuo delle vendite
  • ordini ai fornitori
  • limitazioni negli spostamenti che penalizzano la circolazione delle merci

Se da un lato sarà fondamentale rilanciare gli investimenti sull’economia reale, dall’altro la gestione della supply chain si attesta come una priorità, portando all’auspicabile riconversione di filiere produttive che in molti casi risultano troppo complesse e farraginose. Spingere l’efficienza degli spostamenti di mezzi, merci e persone, ridurrà i consumi di energia ma anche l’inquinamento, che peraltro al momento risulta significativamente ridotto.

L’attuazione delle modifiche interne indurrà l’accelerazione della trasformazione digitale. L’aggregazione in forma significativa di enormi moli di dati (Big Data), messi a disposizione di strumentazioni che comunicano fra loro (IoT), il tutto senza più server aziendale ma in modalità cloud, consentirà di velocizzare sensibilmente la comunicazione interna all’azienda, ma anche quella esterna, con altre aziende o con i clienti.

Supply chain più flessibili e connesse, con IoT e IA

Attualmente, il 70% delle aziende utilizza l’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati in almeno un’area della supply chain. Un’indagine globale sviluppata dal network internazionale PricewaterhouseCoopers, ci informa che nel corso dell’emergenza da Covid-19, hanno affrontato meglio le difficoltà le aziende definite “campioni digitali” capaci di mettere in campo “capacità avanzate” della propria catena di approvvigionamento.

Lo sprone per ripensare tecnologie, soluzioni o processi potrebbe coincidere con la sfida per l’approvvigionamento di componenti e la gestione dei processi produttivi. È stato ampiamente dimostrato che in questo periodo può rivelarsi molto produttivo semplificare i processi interni ed esterni applicando sistemi di Internet of Things volti ad eliminare piccoli o grandi weakness point e rafforzare tutta la supply chain.

Diventare più ‘lean’, essere più veloci e meno vulnerabili: il momento lo richiede ad ogni impresa, e a maggior ragione lo esigono gli auspici – da tutti condivisi – circa la ripartenza. Ricominciare a camminare, rilanciando l’economia e lasciandosi alle spalle la devastazione di Covid-19 presuppone che si faccia leva sulle tecnologie, essenziali per tornare a creare sviluppo.

La ricetta c’è, gli ingredienti vanno trovati

Tutti desiderano assaporare la ripresa. Per un piatto tanto sostanzioso, però, le buone intenzioni non bastano. Dritto al cuore di tutti i problemi è andata l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, tramite la voce del suo segretario generale, José Ángel Gurría Treviño, che intervenendo a #RipartItalia, 100 idee per la ripresa, ha sottolineato come tanto l’intero sistema produttivo quanto ogni singola azienda devono poter contare su un’adeguata liquidità.

Nel corso della no-stop organizzata dal canale televisivo ClassCnbc, Gurría ha interloquito con manager, imprenditori, rappresentanti di aziende e istituzioni. Con loro ha parlato di “ricetta” a cui dedicarsi senza perdere tempo, perché il polso del sistema torni a battere regolare dopo Covid-19.

Secondo Gurría, che sottoscrive un parere già espresso da Mario Draghi, serve anche il coraggio di “non pensare, in questo momento, al debito pubblico”. Il desiderio di dargli retta è grande, ma non rasserena constatare che il 52% degli aiuti dell’Ue alle imprese va alla Germania, mentre la Corte Suprema federale tedesca “autorizza” le gerarchie disegnate dalla Banca centrale nel rivolgersi ai vari Paesi.

“Italia, Francia e Spagna devono puntare a un riequilibrio della situazione, contrastando la tendenza al cambiamento di pesi e valori in seno all’Ue ”, ha commentato Romano Prodi, presidente della Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli ed ex presidente della Commissione Europea. Gli fa eco l’augurio di “più solidarietà nell’Unione europea” da parte di Gurría, che sottolinea come “anche post pandemia, è la liquidità che va messa sul piatto del sostegno all’economia e alle imprese”.

Non si può fare a meno di preventivare una serie di step chiaramente scanditi per la ripartenza: è il consiglio dell’OCSE. Tanto meno si può pensare, in Italia di far mancare l’adeguato sostegno a una componente fondamentale dell’economia quale le Pmi, affacciate alla soglia di una tappa evolutiva non più procrastinabile, ovvero all’adozione di strumenti digitali e tecnologie – attualmente sotto l’attenzione degli investitori – nei quali risiedono le concrete speranze del rilancio per il settore.

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