Quali sono le potenzialità della quarta rivoluzione industriale in ambito alimentare? E ancora, che vantaggi porteranno i sistemi di ‘smart production’ a un comparto che rappresenta da sempre un’indiscussa eccellenza per il nostro Paese? Ne parliamo analizzando le quattro aree della filiera in cui applicare il cosiddetto ‘ecosistema digitale’.
L’Industria 4.0 e le sfide per la sicurezza alimentare
Il primato di cui gode il settore alimentare italiano se da un lato è ormai acquisito e innegabile, dall’altro necessita in questo momento di un’attenzione particolare. La filiera del “food and beverage” deve infatti fare i conti con problematiche e sfide essenziali per la nostra sicurezza alimentare. Ecco perché appare importante domandarsi e capire cosa significhi realmente una “Industria alimentare 4.0”.
Da cosa partire? Dal termine ecosistema digitale, un concetto che prende spunto dalla biologia e richiama l’idea di un insieme di organismi che interagiscono in un determinato ambiente costituendo un sistema autosufficiente. Si possono in proposito individuare quattro aree in cui l’applicazione di tale teoria può rivelarsi decisiva per risolvere difficoltà produttive di vario genere ed esigenze strutturali problematiche. Vediamole nel dettaglio.
Le aree di applicazione dell’ecosistema digitale
Partiamo dal “Food Recall”, la procedura di ritiro e richiamo dei lotti che risultano soggetti a reclami da parte dei consumatori o danneggiati in fase di approvvigionamento. L’industria alimentare deve infatti fare i conti con una serie di problematiche che possono compromettere la qualità e la sicurezza dei prodotti: errori di etichettatura, corpi estranei potenzialmente presenti all’interno della confezione, contaminazione da pesticidi, tossine biologiche naturalmente presenti in piante alimentari, quantità elevate di additivi, difetti di imballaggio. Appare dunque chiaro che la tracciabilità della materia prima appare fondamentale e qui le tecnologie e i sistemi di identificazione proposti dall’Industria 4.0 possono davvero fare la differenza.
Un esempio su tutti? Le etichette RFID, in grado di contraddistinguere il prodotto, anche in movimento e in grande numero contemporaneamente, grazie alla propagazione di onde elettro-magnetiche che l’etichetta viene stimolata a produrre dal lettore, senza la necessità di un contatto fisico tra i due.
La seconda area riguarda l’etichettatura intelligente (una combinazione di tecnologia wireless, applicazioni software e piattaforme cloud), che permette all’acquirente di poter confermare l’autenticità del prodotto scansionandone l’etichetta e ricavando valutazioni e recensioni e al produttore di ottenere ulteriori informazioni sul cliente in tema di posizione GPS, dati anagrafici e condivisioni social.
La terza area si riferisce al miglioramento della gestione dei dati, che consiste in un efficientamento della condivisione e raccolta dei dati tra le macchine lungo la catena di produzione, un’archiviazione automatica e un accesso semplificato quando necessario, oltre che nella registrazione e disponibilità cronologica delle modifiche. Un esempio su tutti è il “cloud computing” che consente di analizzare i dati di un singolo prodotto così come di migliaia, sistematizzandoli per l’analisi e la condivisione. Grazie a tale soluzione, per esempio, è possibile effettuare un calcolo previsionale delle scorte, al fine di ottimizzare il magazzino e, più in generale, classificare in ordine di priorità le decisioni più redditizie per l’investimento stoccato.
La quarta e ultima area rappresenta la più avanzata e avveniristica di tutte: il “lotto a unità singola”. In una parola: personalizzazione del prodotto. I consumatori cercano infatti sempre più spesso packaging e produzioni su misura. Un’esigenza indubbiamente molto difficile a cui rispondere per l’industria alimentare, ma che alcune aziende stanno già approcciando grazie alla tecnologia combinata di sensori intelligenti e sistemi di automazione. Un primo consistente tentativo in questa direzione l’ha fatto recentemente la Coca Cola, dando l’opportunità di personalizzare la bottiglia con il proprio nome al posto del logo.
A quando dunque la possibilità di allargare tale scenario agli ingredienti del prodotto stesso, rendendo ogni prodotto unico e personalizzato? Staremo a vedere, ma una cosa è certa: a cambiare, per un Paese in cui il buon cibo si ammanta di sacralità, non sarà solo il modo con cui produciamo, ma anche l’atteggiamento con cui lo acquistiamo e lo consumiamo.
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