Dopo la crisi dovuta alla pandemia, per il settore industriale della produzione di macchine utensili e robot la situazione è in netto miglioramento. A invertire la rotta, arrestando la fase calante dell’anno scorso, è soprattutto il mercato interno con un’impennata della domanda pari al 238 per cento
Il 2020 è stato un anno molto duro per l’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot e automazioni. La produzione, infatti, è crollata a 4.970 milioni di euro, facendo registrare un -23,7% rispetto al precedente anno. Un esempio su tutti: secondo l’elaborazione di Ucimu sui dati Istat, le vendite negli Stati Uniti, risultato primo Paese di destinazione del Made in Italy di settore, sono scese a 229 milioni di euro (-21,4%). Le aspettative per quest’anno sono però molto meno allarmanti.
Ci si aspetta quindi che il mercato delle macchine utensili in Italia torni a crescere attestandosi a 3.111 milioni di euro, il 38,2% in più rispetto al 2020, anche per le aziende che si occupano di commercio di macchine utensili usate.
I motivi del rilancio
La crescita inaspettata del primo semestre del 2021 è alla base della fiducia dei produttori che elogiano le politiche governative Transizione 4.0 con misure come la Nuova Sabatini, quest’ultima recentemente prolungata con il Decreto legge 30 giugno 2021, n. 99.
Tuttavia alcune dinamiche preoccupano non poco l’Italia del PNRR e della stagione delle riforme economiche: l’obsolescenza generale dei macchinari, la scarsità di abilità digitali e le conseguenti complessità del mercato di assorbire forza lavoro qualificata, la necessità di supportare digitalizzazione e automazione nelle imprese italiane che ancora scontano una certa arretratezza con la concorrenza internazionale.
Criticità delle politiche industriali 4.0
Il rilancio non può provenire solamente da una politica di incentivi, portata avanti da un solo dal governo. Deve avviarsi in modo coordinato e trasversale a livello politico e interessare primariamente il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Quest’ultimo in particolare è indispensabile non solamente per l’introduzione di nuovi prodotti e nuovi processi, ma anche per creare capacità intorno a un aspetto fondamentale della crescita economica, ovvero l’innovazione tecnologica.
In questo modo si potrebbe innescare anche il circolo virtuoso delle competenze digitali che non sarebbero più trainate unicamente dalla necessità delle imprese di lavoro qualificato e dagli investimenti pubblici. Esse sono il perno di una nazione avanzata come insegnano le nazioni tecnologicamente più avanzate al mondo.
Digitalizzazione e innovazione
Il PNRR prevede diverse misure in questo senso e prevede investimenti per 24,7 miliardi di euro per la componente “Digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo”. Ma, come ha constatato il governo stesso, i problemi della digitalizzazione sono legati a quelli della competitività e di difficoltà culturali e manageriali, quindi occorre considerare che queste ultime necessitano di ulteriori stimoli, a partire da un ecosistema economico che metta le imprese in condizione di espandersi e di produrre tecnologia con strategie di lungo termine.
La pandemia e le sue ricadute economiche hanno “profondamente sconvolto le aspettative dell’industria italiana di settore che ha vissuto momenti particolarmente difficili in primavera per poi, a partire da luglio, registrare qualche timido segnale di risveglio del mercato confermato anche nei mesi autunnali“. Lo ha detto la presidente di Ucimu, Barbara Colombo, sottolineando che “siamo lontani dal ritorno ai livelli di attività del periodo pre-emergenza ma le previsioni per il 2021 sono positive e fanno ben sperare per il futuro prossimo“.
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